Giuseppe Rippa
Giuseppe Rippa
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Giuseppe Rippa
La libertà contro l’oblio della rassegnazione
Memorie di un vissuto recente muove su due piani che inevitabilmente si incrociano. Al centro la libertà e la sua limitazione morale, intellettuale, sociale, politica, che nasce dalla costrizione dittatoriale ma anche dalla rassegnazione e dalla assuefazione delle persone al ricatto, alla violenza delle tendenze autoritarie contro cui l’uomo comune non trova le energie e la forza di contrapporsi ma contro cui ad un certo punto decide di opporsi per sottrarsi all’oblio della rassegnazione.
Le illustrazioni di un libretto di poesie per bambini, che Doina Botez realizza per la poetessa rumena Ana Blandiana a fine anni ottanta, sono un sintesi, deliziosa e limpida, di coraggio e fermezza con cui l’artista, nella profondità della propria vocazione di autonomia e di reazione alle costrizioni, coglie la purezza della favola per inserire i segni di un dissenso fermo e non riducibile, inserendo figure nascoste e invasive che nell’immagine di animali, persone, oggetti, fotografano l’oppressiva minaccia di un regime totalitario.
Questa sua “provocazione” verrà messa all’indice dal regime di Ceausescu, non le sarà più permesso di illustrare altro…
L’altro piano è proposto nei quadri che si collegano alla rinocentite che Eugène Ionesco, nel suo teatro dell’assurdo, descrive come la metamorfosi, apparentemente surreale, in cui le persone sono trasformate fino al cedimento di fronte ai modelli autoritari e totalitari.
„Sono anni che mi sento stanco…! Faccio un tale sforzo a trascinare in giro la mia carcassa”. E poco dopo: „Ho sempre l’impressione che il mio corpo sia di piombo… come se portassi un altro sulle spalle. Non riesco ad aver coscienza di me stesso… non so nemmeno se sono proprio io”. Così il drammaturgo fa parlare uno dei suoi personaggi, preda di una paralisi da rassegnazione.
Bene, Doina Botez rende omaggio a Ionescu, che si sentiva oppresso da individui divenuti rinoceronti, con opere che raccontano una sorta di rottura di questa sofferenza. È un’ansia la sua di libertà e di lotta per realizzarla che non si ferma davanti ad una pressione ossessiva e disumanizzante.
La memoria, come ci ricordava Sciascia, da coltivare per definire un impegno civile che si sottrae alla passività e alimenta la speranza e la volontà di far emerge i valori civili e umani a cui ancorare il proprio futuro…
Testo critico per la presentazione della mostra personale „Memorie di un vissuto recente” al Palazzo Santa Chiara, Roma, dicembre 2019